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Sistemi di videosorveglianza a riconoscimento facciale. Italia, Como, Udine e il modello cinese.

Approvata definitivamente la legge di conversione del decreto capienze, qui compresa la nuova norma – con emendamento del PD – che prevede la “sospensione” dei trattamenti di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici o aperti al pubblico da parte di soggetti pubblici e privati fino all’entrata in vigore di una disciplina normativa che regoli la materia e, comunque, fino al 31 dicembre 2023.

La Cina è la prima nazione al mondo per numero di videocamere.

Un’immensa rete di sorveglianza copre la Cina e le città cinesi. Conversazioni via smartphone, espressioni del volto, movimenti e gesti sono controllati e accessibili alle forze dell'ordine all'occorrenza.

Un potente sistema di tecnologie integrate gestite da applicazioni di intelligenza artificiale, la cui applicazione è in netto contrasto con la tutela della privacy del popolo cinese.


Il riconoscimento delle emozioni è l'ultima evoluzione nel mondo dei sistemi di videosorveglianza in Cina. Dopo l’obbligo del riconoscimento facciale per chiunque possieda uno smartphone, le autorità cinesi puntano a monitorare e controllare anche lo stato d’animo delle persone. Chiaramente l’utilizzo di queste tecnologie comporta anche una massiccia raccolta di dati personali sensibili, come l’etnia e lo stato di salute mentale.


“La gente comunque qui in Cina non è felice di questa tecnologia. Se la polizia dice che ci devono essere videocamere in una comunità, la gente dovrà semplicemente conviverci. Questa richiesta c'è sempre stata e noi siamo qui per soddisfarla" - ha detto al Guardian Chen Wei di Taigusys, un'azienda specializzata nel settore.

L'industria è in piena espansione. I sistemi della Taigusys sono installati in circa 300 prigioni, centri di detenzione e strutture di custodia in tutta la Cina e collegano tra loro circa 60 mila telecamere.


Motivi per cui a febbraio la Commissione europea sottolineò la necessità di 𝗲𝘃𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗹'𝗶𝗺𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗮 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮, 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝗱𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝗿𝗶 𝗮𝗶 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗶 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗶.



Torino, Como e Udine approvano il progetto, nonostante i pareri contrastanti e l'assente regolamentazione legale nella tutela della privacy dei cittadini. I ricorrenti solleciti da parte degli abitanti vengono accolti dai rispettivi comuni. La soluzione trovata, ad esempio, coinvolgerà chiunque passeggerà in via Roma e in alcune vie di Udine. Tuttavia il sistema di riconoscimento facciale attualmente non sembra essere in funzione.

Potenzialmente si potranno acquisire i dati biometrici – le caratteristiche fisiche che consentono di identificare un volto – di migliaia di persone ogni giorno: Tuttavia il Garante della privacy ha già fermato un progetto simile lo scorso anno.


Il caso di Udine non è isolato, secondo gli esperti le modalità con cui progetti del genere sono stati proposti e valutati in diverse città italiane suggeriscono una generale sottovalutazione dei rischi derivanti della videosorveglianza, dell'intelligenza artificiale e dal riconoscimento facciale.


Gli algoritmi utilizzati dai sistemi di riconoscimento facciale sono molto efficienti. Il problema sono i dati con cui vengono addestrati. Secondo il NIST, il National Institute of Standard and Technology, un organo governativo americano che studia algoritmi di riconoscimento facciale, la maggior parte dei software tende a essere più accurata quando si tratta di riconoscere volti di maschi bianchi rispetto alle persone di colore o alle donne. Gli errori sono causati dai database di riferimento, che spesso sono costituiti da milioni di immagini pubblicamente disponibili attraverso i social network.



Nella delibera del progetto del comune di Udine, che costerà 673mila euro, si legge che le 67 nuove telecamere serviranno a «generare automaticamente allarmi e segnalare in tempo reale la presenza di eventuali individui segnalati» e anche a identificare la loro presenza a posteriori, grazie alle registrazioni. Se posizionate a un’altezza di un metro e mezzo, negli arredi urbani come vasi o cestini, potranno identificare le persone «anche con occlusioni parziali del viso, occhiali, sciarpe, cappellini, cambiamenti di espressione, ombre, contrasti elevati e condizioni di luce estreme o scarse e sulle rotazioni moderate del volto». Tra le altre cose, si legge che le telecamere verificheranno la presenza di «individui sospetti», senza chiarire per ora in base a quali caratteristiche verranno considerati tali.

L’assessore alla Sicurezza, Alessandro Ciani, dice che i lavori di installazione inizieranno entro la fine dell’anno, spiegando che è un modo per dare una risposta agli abitanti del quartiere delle Magnolie che chiedono più sicurezza. Il riconoscimento facciale potrà essere utilizzato dalla polizia di stato, dai carabinieri e anche dalla polizia locale. I dati serviranno per le indagini di polizia giudiziaria e per il controllo del territorio in tempo reale, anche durante le manifestazioni. «Perché dovrei preoccuparmi se una telecamera conosce il mio nome e cognome o se un agente della polizia di stato sa che sono passato a quell’ora e in quella via? Chi viola la legge deve preoccuparsi, gli altri no», dice Ciani al Post. «Mi auguro che i problemi di autorizzazione legati alla privacy siano risolti presto».

Nei documenti del comune si trovano informazioni piuttosto dettagliate sulle telecamere, mentre non ci sono le specifiche del software che verrà utilizzato per analizzare i dati. Questo perché al momento, in realtà, il riconoscimento facciale attraverso i sistemi di videosorveglianza pubblici è illegale dopo un provvedimento del Garante della privacy che il 26 febbraio 2020 intervenne per fermare un progetto del comune di Como. Ciononostante, il comune di Udine intende installare il sistema, in attesa che le cose cambino.

Per contesto, modalità e obiettivi, il caso di Como era identico a quello di Udine: il comune aveva installato telecamere per il riconoscimento facciale nel parco di via Tokamachi, vicino alla stazione. È una zona che nel 2016 aveva ospitato centinaia di migranti diretti verso il Nord Europa e bloccati a Como dalla chiusura del confine con la Svizzera.

Il Garante spiegò che l’acquisizione e il trattamento dei dati biometrici non aveva basi giuridiche valide, e quel parere è ancora valido. La sperimentazione di Como, poi bloccata, venne svelata da un’inchiesta di Laura Carrer, Riccardo Coluccini e Philip Di Salvo, tre giornalisti e attivisti dei diritti digitali che negli ultimi anni hanno monitorato le amministrazioni che investono fondi pubblici nei sistemi di riconoscimento facciale, spesso senza essere davvero consapevoli delle possibili conseguenze sulla vita delle persone.

È un tema che interessa anche la campagna elettorale delle elezioni amministrative in programma il 3 e il 4 ottobre. A Roma, il candidato sindaco di Azione Carlo Calenda ha proposto di installare seimila nuove telecamere nelle strade della Capitale in aggiunta alle 1.300 già esistenti. In una lettera sul tema della sicurezza – l’intervento inizia dicendo che Roma ha meno crimini di Milano, Torino, Napoli, Firenze e Venezia in rapporto alla popolazione – Calenda ha scritto di voler mettere a disposizione delle forze dell’ordine «i flussi video delle telecamere private e pubbliche» e di voler installare «telecamere intelligenti nei luoghi più sensibili della città».

A Torino, invece, è già stato finanziato il progetto Argo, che consiste nell’attivazione di dieci telecamere, che dovrebbero diventare 275, e che permetteranno di identificare in tempo reale le persone. Secondo il comune, questo sistema sarà in grado di prevedere i comportamenti e gli spostamenti di gruppi di persone, come nel caso di manifestazioni o proteste.

Negli ultimi anni associazioni come Privacy Network e il Centro Hermes hanno organizzato diverse campagne per sensibilizzare le persone sui rischi del riconoscimento facciale e hanno chiesto alle istituzioni europee e italiane di vietare la sorveglianza di massa attraverso sistemi come la videosorveglianza nelle città. Privacy Network si è occupata anche del progetto di Udine attraverso diverse richieste di accesso ai documenti del comune. «Non c’è nessuna garanzia sulla custodia dei dati biometrici, non c’è una valutazione sull’uso dei dati dei cittadini, non c’è una valutazione d’impatto che giustifichi l’uso di questi dati», dice Matteo Navacci, attivista di Privacy Network. «Il sindaco e gli assessori hanno detto che questa rete servirà ad aumentare la percezione della sicurezza, sottovalutando quanto sia invasivo questo sistema».

Ad Aprile dello scorso anno è stata pubblicata la bozza di regolamento per l’intelligenza artificiale proposta dalla Commissione europea. Tra le altre cose, dice che il riconoscimento facciale negli spazi pubblici è proibito, ma lascia aperte alcune possibilità: può essere utilizzato per la ricerca di vittime di un reato o nel caso della ricerca di bambini scomparsi, per prevenire attacchi terroristici e per individuare i criminali, senza però spiegare con precisione quali siano i limiti di utilizzo da parte delle forze dell’ordine. In Italia, il deputato del Partito Democratico Filippo Sensi ha proposto una moratoria temporanea per vietare l’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza biometrici nei luoghi pubblici in attesa che il Parlamento discuta una legge.

È difficile prevedere quando il regolamento europeo sarà approvato e soprattutto come verrà applicato dai singoli stati dell’Unione Europea. Secondo molti esperti, queste regole non bastano: il 21 giugno il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) e il Garante europeo della protezione dei dati (EDPS) hanno chiesto alla Commissione europea di vietare qualsiasi uso delle sorveglianze biometriche negli spazi pubblici, sostenendo che mettono a rischio i diritti e le libertà.

La stessa richiesta era stata presentata dalla campagna Reclaim Your Face, organizzata da molte associazioni europee tra cui il Centro Hermes. Al momento sono state raccolte 60mila firme in tutta Europa. Laura Carrer, giornalista e attivista dei diritti digitali, dice che vietare il riconoscimento facciale è un obiettivo molto ambizioso, perché quello dell’intelligenza artificiale è un mercato potente e in evoluzione, da cui l’Europa difficilmente sarà esclusa. Anche secondo Carrer la regole previste nella bozza del regolamento europeo non bastano. «È importante rendere consapevoli le persone dei rischi di questa tecnologia: le regole ci sono, ma con diverse eccezioni», spiega. «Chi ci dice come la polizia utilizzerà la sorveglianza biometrica? Non ci sono garanzie: purtroppo manca un processo di trasparenza nei confronti dei cittadini su come viene utilizzato il riconoscimento facciale e per cosa viene utilizzato».

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